Che cos’ha da dire la Resurrezione di Cristo al mondo del lavoro oggi?
Riflessione di Don Emanuele Biasetti, assitente spirituale Acli.
Non è semplice rispondere a questa domanda iniziale, dalla quale però non possiamo fuggire se vogliamo davvero interrogarci oggi, sul nostro essere cristiani nel mondo e cittadini attivi in questo tempo di cambiamento.
Al centro del Vangelo sta la Pasqua con la su cruda essenzialità, racchiusa tra due gesti di cura; dalla lavanda dei piedi agli oli e unguenti profumati. E qui possiamo iniziare a vedere il problema, ovvero il dare concretezza alla Pasqua del Signore nella nostra vita e in modo particolare nella nostra esperienza lavorativa. Abbiamo bisogno di entrare nella Pasqua per davvero.
È legittimo domandarsi come la dottrina della resurrezione dei corpi possa orientare la mia vita pratica, le mie azioni, i miei affetti. Infatti, non si tratta di un collegamento così evidente se sentiamo la necessità di spiegarlo, di giustificarlo al mondo e un poco anche a noi stessi.
I discepoli che hanno appena assistito allo spoiler per eccellenza che è la Trasfigurazione si domandavano giustamente l’un l’altro “che cosa volesse dire risorgere dai morti” (Mc 9,10). Naturalmente questa domanda dobbiamo farla nostra, sentircela posta sulle labbra e chiederci cosa significhi per ognuno di noi la resurrezione.
Allora è fondamentale partire dal piano umano e concreto delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti per poi convergere, attraverso le pagine evangeliche, a decisioni concrete che spostino per davvero qualcosa nella mia vita.
Visto che è sempre opportuno iniziare da un punto concreto, diamo un nome a un problema in modo che possa essere attraversato dalla luce del Risorto, smascheriamo l’ostacolo grande e immenso che è ostile alla nostra Pasqua: il nostro egoismo. [...]